Ma a me poco importa: sebben vi trovate impresse nella mente vostra tali opinioni fantastiche, ora state ad udire, ché mi dá l'animo, al favore della divina grazia, di levarvele.
Primieramente voglio che avvertiate che fa di bisogno intendere la causa perché fosse introdotto l'uso de' danari, e poi a spese di cui dovessero di ragione essere fatti; ed, essendo fatti, se sia di necessitá che di tempo in tempo per diverse cause siano quasi tutti rifatti, annichilando contro ogni dovere le memorie di que' re, principi e repubbliche, sotto l'autoritá de' quali la prima volta siano stati coniati; ed, essendo fatti o rifatti, se debbano essere spesi per i sopravalori che ad essi nelle proprie zecche siano stati costituiti, dando danno ora a questo ed ora a quell'altro particolare, ed anche molte volte ad alcuni popoli, a' quali siano trasportati da diverse persone per spenderli sotto certi titoli di valori, che a certe sorta di monete vengono alle volte attribuiti.
E quanto a quello che ho detto: che prima fa di bisogno sapere la cagione perché sia stato introdotto l'uso del danaro, dico che Aristotile, padre e fondatore delle umane scienze, in quei capitoli dell'Etica e della Politica giá dall'autore citati, in questo modo diffinisce: "L'uso del danaro essere stato introdotto dagli uomini per necessitá e sotto ordine di legge, affinché fosse mezzano per poter fare piú agevolmente le uguali permutazioni e commutazioni in quelle cose che a ciascuno facessero di bisogno, ed anche acciocché fosse una pubblica e comune misura a tutti per poter fare tali contratti giustamente, e che ne' pagamenti ciascuno, in qualunque paese che si trovasse, potesse intieramente conseguire ogni sua ereditá, fosse per qualsivoglia causa creata". Ma, perché in tutte le zecche vengono cavate le fatture dal corpo delle monete, ed ancora per essere fatte sotto ordini diversi da cittá a cittá e da provincia a provincia, onde ne procede che di tempo in tempo, ed anco quasi di continuo, vengono alterati i prezzi dell'oro e dell'argento, per lo che sono poi fuse e rifatte le monete da paesi a paesi; però il danaro non può essere la detta pubblica misura, perciocché, per le differenze che si trovano tra le monete fatte e coniate sotto l'autoritá di un principe a quelle di un altro, il piú delle volte da molti popoli vengono ricusate, ora per li bandi sopra esse fatti ed ora perché non le vogliono accettare, dubitando di non poterle poi spendere in altri paesi se non con gran perdita, ed anche perché non le tengono per cosí buone come quelle ch'essi sono soliti di spendere nelle loro cittá o patrie.
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Aristotile Etica Politica
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