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      Vi ho detto che chi fará ridurre il suo oro o argento in monete a sue spese si troverá poi anche avere quella medesima quantitá in peso del puro e del fino, che da lui sará cosí stata posta in zecca. E, perché dubito che mi potreste replicare, dicendo: - Come ciò può essere? conciossiaché l'autore dica nel capitolo XV del Discorso che chi porrá oro o argento in zecca, per farlo coniare, pagherá le fatture o con oro o argento avanzato al zecchiere nel compartirlo in fare le monete, ovvero pagherá esse fatture di quegl'istessi danari levati di zecca o d'altri, ecc.: però, per levarvi di questo dubbio, vi dichiarerò il tutto con questo esempio. Sará un principe, che si troverá essere padrone di una qualche miniera di oro o di argento, la quale frutterá ogni anno sino a dodici o quindicimila scudi di valore, e si troverá poi anche avere di entrata, di dazi e di possessioni e di altre simili cose, sino alla somma di cento o di centocinquantamila scudi l'anno. Esso principe, per fare qualche degna memoria di sé o per qualche suo comodo o particolare interesse, fará ridurre in danari ogni anno la metá di dett'oro o argento, e l'altra metá la riporrá nel suo tesoro. Voi qui mi direte che in queste monete egli perderá quel tanto di argento o di oro quanto importano le fatture, e che perciò egli non avrá poi la medesima quantitá del puro e fino, come di sopra si è detto. Intorno a ciò dovete considerare che, sebbene tal principe avrá fatto la suddetta spesa in far ridurre il dett'oro o argento in danari, egli perciò non perderá cosa alcuna, anzi ne riporterá alfine utilitá maggiore; conciossiaché, s'egli spenderá i detti danari, cosí a sue spese fatti, nel pigliar poi altri danari, fatti in altri luoghi sotto l'ordine istesso, ovvero de' tassati, egli rimetterá in tesoro altrettanto oro puro o argento fino ridotto in monete quanto era in peso e di valore tutto quello che da lui fu posto in zecca per farlo coniare.


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Economisti del cinque e seicento
di Gasparo Scaruffi - Antonio Serra - Germinio Montanari - Augusto Graziani
Editore Laterza Bari
1913 pagine 458

   





Discorso