E se ad alcuno paresse il contrario in alcune delle parti predette, cerchi levarsi d'errore con faticarsi conoscere la veritá; e se ne dirá alcuna cosa nella seconda e terza parte.
La moneta in Venezia, a rispetto di Napoli, tanto d'oro quanto d'argento, è valutata a prezzo basso, che, portandone da Venezia in Napoli, nell'argento si guadagna, come si è detto, circa piú di cinque per cento, e nell'oro, secondo il prezzo che corre, piú; e all'incontro, portandosi monete da Napoli in Venezia, si perde, come si è detto, nella condizione di Napoli; e, a rispetto dell'altre parti d'Italia, portandosi moneta da Venezia in altri luochi d'Italia o da quelli in Venezia, si perde la manifattura sola della zecca.
Da Napoli non si possono estraere monete né forastiere né cittadine, né oro né argento, sotto pene gravissime e perdite di dette monete, e al presente si paga triplicatamente.
Da Venezia si può estraere ogni quantitá di monete proprie, ma non di forastiere, e almeno ogni anno se ne estraeno per Levante solo piú di milioni cinque.
In Napoli l'entrate sono valutate a prezzo basso, che si aranno da sette e mezzo, e otto, e insin a diece per cento; che, per li tanti debiti vecchi e penurie di monete, ogni grandissima somma vi si potria impiegare.
In Venezia l'entrate sono valutate a prezzo alto, che non si possono avere piú di quattro o cinque per cento, ché poco conto tornaria a qualsivoglia impiegarvi le sue monete.
In Napoli l'entrate, che vi ha la Maestá cattolica, si spendono tutte e moreno nel medesimo Regno, ché non se ne incascia parte alcuna, e piú volte vi manda milioni di contanti; se bene poche se ne potria incasciare, per essere quasi tutte vendute e convertite in soldo d'avantagiati e milizia per il Regno.
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