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      In Venezia non si spendono altrimente tutte l'entrate che tiene la Signoria, ma la maggior parte s'incascia; e, dopo che levôrno il debito fatto l'anno 1570 e 1571 per l'armate per opera del procurator Priuli, nell'officio della depositaria vi si metteno ogni anno ducati circa seicentomilia, oltre di quel che s'incascia nel tesoro in zecca.
      Sí che, considerando le condizioni dell'una e dell'altra cittá, quelle di Napoli tutte sono e deveno essere causa e occasione potente di farla abbondare di denari, come all'incontro quelle di Venezia causa e occasione d'impoverire: nientedimeno l'effetto riesce al contrario, ché Venezia abbonda e Napoli è povera di moneta. Si ha da considerare dunque come vi siano questi contrari effetti.
     
     
     
      CAPITOLO X
     
      Come, non obstante le condizioni predette, Venezia abbonda d'oro e argento, e perché.
     
      Le condizioni della cittá di Venezia, come si è detto, tutte importano quasi esito, e all'incontro quelle di Napoli introito; per lo che quella povera e questa ricca dovrebbe essere di monete: nientedimeno gli effetti sono contrari, ché quella ricca e questa è povera. Bisogna dunque ritrovar la causa donde nasca questo contrario effetto. E, per incominciar da Venezia, poiché di necessitá l'esito presuppone l'introito (ché altrimenti saria impossibile), la difficultá sará ritrovare l'introito tale, che non solo sia bastante per l'esito, ma lo superi di modo che produca l'abbondanzia che vi è di moneta; quale ritrovato, cessará la maraviglia e contrarietá predetta. E senza dubbio alcuno, ritrovandosi in detta cittá li tre accidenti communi in perfezione, cioè quantitá d'artefíci, trafico grande e provisione di colui che governa, si ha da concludere che dalli predetti accidenti sia causato introito tale, che comporti non solo l'esito predetto, ma faccia l'abbondanzia che vi è.


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Economisti del cinque e seicento
di Gasparo Scaruffi - Antonio Serra - Germinio Montanari - Augusto Graziani
Editore Laterza Bari
1913 pagine 458

   





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