Se il mercante sará del medesimo Regno, come pagará questi denari, se prima quello non ce li ha inviati? E, se si dice che ce li ará inviati per cambio, si risponde come prima. E, se si dicesse perché li voglia avere credito per lettere avute da altri, o conti che tengono, o ché cosí li piace, questo credito non durerá eterno, che non voglia li denari suoi e con maggior vantaggio. E, se si dicesse che li pigliará a cambio da altri, e li fará pagare lá o altra parte, la medesima ragione gli osta: ché quello, che gli li dá, li ritornará a avere, si è di Regno; se è forastiero, bisogna ritrovare come gli avea, lo che si è risoluto a pieno di sopra. Se si dicesse che si pagaranno per robbe necessarie al Regno altrove e cosí non verranno, di questo non si deve mai fare introito, ma esito, cosí come esso fa; ché per quella parte, che bisogna al Regno di robbe da fuora, è necessario contraporre l'introito, e a questo bisogno di robbe attribuire la causa della penuria della moneta e non alla altezza del cambio. E, se si volesse perfidiare che tornará a cambiare per altre parti, e da lá si gireranno, questo può procedere per alcun tempo, ché dopo bisogna ritornare donde sono usciti e con vantaggio, come si è detto. Ché, volendo dire che sempre volessero girare, mi pare una cosa ridicola, e, come si è detto, dare un progresso in infinito; tanto piú quantitá simile di cinque o sei milioni l'anno, e non solo d'un anno o doi, ma insin a dieci e quindeci, e al presente sariano li venti o ventidoi: e li patroni reali non li avessero mai, e andassero girando per l'aria e cinquanta e cento milioni, e li patroni non volessero mai possedere, né meno vedere li denari.
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