Poiché, essendo privo degli accidenti communi, come si è detto, né essendovi altro accidente che li possa dare oro e argento che la superabbondanzia delle robbe, ed essendo le genti tanto neghittose che non solo non le portano fuora la loro provincia, ma meno nell'istessa, sequitaria che, non venendo le genti della detta provincia, e perciò non facendosi detta estrazione, restaria affatto privo d'ogni speranza di denari: lo che non succede per le robbe delle quali ha esso bisogno dell'altre cittá d'Italia, poiché per la diligenza delle genti si smalteriano in altri luochi; tanto piú quanto le robbe dell'altre cittá sono piú smaltibili per ogni paese lontano, per consistere in artefíci e per conservarsi lungo tempo, come si è provato nella prima parte. Oltre che, fuor delle sete, niuna cittá, eccetto Venezia, tiene bisogno o vive con cosa alcuna di Regno, e quella per maggior commoditá e non per necessitá; e la seta la maggior parte va in Genoa e Fiorenza, e in Roma e in Piacenza, che sono le due piazze principali del cambio, poca e nulla ve ne va. E le robbe degli artefíci che dice smaltirsi principalmente in Regno, questo, unito con la negligenza delle genti del paese, constituisce in necessitá quasi semplice che il Regno abbia bisogno di dette cittá.
E, se è vero quanto egli dice, che questa bassezza faccia venire tutti li denari e che non avriano possuto far di meno le cittá d'Italia di non contrattar con Napoli, non lo dovea scoprire; poiché le cittá predette doveano lasciare di cambiare, ancorché avessero quelli danni che dice, per evitare il maggiore di impoverirsi afatto cambiando: con infinite altre ragioni, quali tralascio, mentre l'esperienza l'ha dimostrato.
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