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      E se non si contrattasse, a che servirebbe la moneta? Sono adunque i disidèri degli uomini misura del valore delle cose; alla quale dovendo corrispondere la moneta, ne segue che i disidèri o i bisogni siano misura del valore delle monete non meno che di quello delle cose; e viceversa le monete misura del bisogno e del disiderio, non meno che del valore delle cose; non altro essendo, a chi ben considera, il valore delle cose che la stima che ne facciamo secondo il bisogno e disiderio nostro.
      Né sará giá alcuno che voglia contro dovere interpretare in questo luogo l'indigenza ed il bisogno, che dice il filosofo, men largamente di quanto serve per abbracciar insieme tutti i disidèri di cose contrattabili e conseguibili per mezzo del soldo, quantunque non tutti necessari siano, ma la maggior parte voluttuosi. Vero è che il nome d'"indigenza" pare che strettamente importi il bisogno delle cose necessarie solamente, onde quel disiderio, che averei io d'un quadro di Tiziano, non possa dirsi propriamente ed in istretto significato d'"indigenza". Ma a chi volesse all'indigenza delle cose nel suddetto testo cosí angusti confini costituire, ben difficil cosa sarebbe non meno salvar il detto del filosofo che determinare i confini stessi a cotali indigenze, indicando sin dove s'estende la pura necessitá degli uomini, e di dove incominciano i loro disidèri stessi ad essere voluttuosi; mentre pur troppo siamo costumati a dire d'aver bisogno di tutto ciò che, non l'avendo, desideriamo, e le cose stesse ad uno possono dirsi voluttuose e superflue, che ad un altro saranno necessarie ed oneste.


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Economisti del cinque e seicento
di Gasparo Scaruffi - Antonio Serra - Germinio Montanari - Augusto Graziani
Editore Laterza Bari
1913 pagine 458

   





Tiziano