Lo stesso narra Plutarco che succedesse a' tempi di Paolo Emilio in Roma, ove, appena ebbe egli portato dalla Macedonia soggiogata e da' tesori di Perseo suo re le copiose ricchezze adunate prima in quel regno, che i prezzi de' campi, e per conseguenza dell'altre cose, ascenderono al triplo di prima. Ed a' tempi d'Augusto narra Svetonio che egli portò da Epiro sí gran copia d'argento ed oro, che i campi crebbero di prezzo e l'usure scemarono.
Il che a' nostri giorni proviamo in Italia, ove in particolare la nazione genovese, gli anni passati, non trovando in che impiegare i molti contanti che aveva, li dava in altri paesi a due o tre per cento: onde molte religioni ed altre persone ne hanno tolto a censo perpetuo, e hanno con essi estinti i censi, che avevano con altri a 5, 6, 7 per cento, riducendoli a 2 e 3. Sebbene non è tanto di ciò cagione l'accrescimento d'oro e d'argento in Italia quanto la mancanza del traffico, che, scemando ogni di piú, fa che i mercanti restano col soldo inutile in mano.
CAPITOLO III
Dell'alterazione che ricevono i prezzi delle cose dall'abbondanza o raritá delle medesime, data la stessa quantitá di monete nel mondo.
Abbastanza s'è fatto conoscere nel precedente capitolo come l'abbondanza o caristia dell'oro o dell'argento nel mondo altera i prezzi delle cose; onde sará facile da intendere come nelle cittá di traffico, ove piú oro ed argento corre che in altre, sia piú caro il vitto, non perché minor quantitá vi se ne trovi che in altre, ma perché vi è piú con che pagarlo.
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