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      Cosí la raritá rende preziosa ogni mercanzia, come nelle gioie e ne' metalli stessi tutto dí osserviamo, e l'abbondanza le rende vili. L'acqua, ch'è un elemento di tanta importanza all'umano vivere, perché abbonda quasi per tutta la terra, non vale cosa alcuna, e con ragione si lamentavano gli ebrei nella cattivitá di Babilonia di doverla comprare; ed una minestra sola a Esaú fu piú cara che la primogenitura, mentre argomentava da sé il povero affamato, dicendo a Giacobbe: "En morior; quid mihi proderunt primogenita"? (22).
      La stima o il concetto che facciamo delle cose, a cui va compagno il disiderio di esse, giá dicemmo esser misurato dalla moneta: onde, data la stessa quantitá di monete in commercio, al mutar la stima che fanno gli uomini di una cosa, muta il loro prezzo, diventando piú care se ne cresce il disiderio, piú vili se ne vengono in disprezzo. Né v'è possanza per mutar d'improvviso i prezzi d'alcune cose del mondo, quanto la stima che di esse facciano i principi. Antonino Caracalla diede gran prezzo in tutto l'imperio romano all'ambra gialla, col dilettarsi di portarne fra' suoi ornamenti, per esser ella del color de' capelli della sua amica. "Quicquid principes faciunt praecipere videntur", diceva Quintiliano (23). Adriano sesto, di nazione fiamminga, si compiaceva, piú che d'altro pesce, del merluzzo salato, detto "stockfish", ed a sua imitazione tutta la corte di Roma, poi tutta la cittá ne mangiava; e diventò caro piú d'altro pesce quell'anno, perché, a proporzione di tanti che ne volevano, n'era poca quantitá venuta in Italia.


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Economisti del cinque e seicento
di Gasparo Scaruffi - Antonio Serra - Germinio Montanari - Augusto Graziani
Editore Laterza Bari
1913 pagine 458

   





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