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      Ora, se non fosse ormai lecito, com'è, di passare per favole certe storie di Plinio, che hanno il sembiante di racconti di vecchiarelle, io mi riderei bene da senno della sconsigliata risoluzione di Tiberio, a cui dice questo autore che essendo stato portato un vaso di vetro di cosí fatta natura, che non meno del rame e dell'oro potevasi tirare a martello, onde, caduto in terra senza rompersi, il buon maestro a vista dell'imperadore con un martellino ne racconciò l'ammaccatura della percossa; timoroso il monarca che, pubblicata l'invenzione, non scemasse di pregio l'oro, ne fece tantosto morire ingiustamente l'autore. Se il vetro ordinario e non trattabile a martello era vile rispetto all'oro, vi sarebbe egli per avventura chi mi sapesse dire il perché? Certo che, s'egli è bene men duro e meno lucido alquanto del diamante, nulladimeno il potersene far vasi da bere e prevalersene per tanti altri usi nobili è una prerogativa ben degna di contrapporsi a quella del diamante. Ma fossero pure in tanta copia nel mondo i diamanti come ci è il vetro, e li vedressimo piú vili assai del vetro; attesoché, data la paritá dell'abbondanza, piú stimabile sarebbe quello di essi che di maggior uso fosse, e s'imputarebbe a vizio ed imperfezione del diamante la sua immensa durezza. Dunque la raritá è quella circostanza, che rende piú e meno preziose le cose, che per altre condizioni sono da desiderarsi. E, se cosí è, perché dunque privare il mondo di una sí comoda invenzione del vetro trattabile a martello, con che potevano valersi di vasi tanto piú mondi che non sono i metalli, quanto che trasparenti e lucidi, senza timore che per ogni leggiera percossa andassero irremediabilmente in pezzi? perché rimunerarne sí ingratamente l'inventore colla morte?


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Economisti del cinque e seicento
di Gasparo Scaruffi - Antonio Serra - Germinio Montanari - Augusto Graziani
Editore Laterza Bari
1913 pagine 458

   





Plinio Tiberio