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      Non è però anche tanto lunga, anzi larga, in questa parte la libertá del principe; imperocché la malizia degli uomini, anche in questa parte, ne ha loro cosí ristretto il potere, che nemmeno nelle monete piú vili possono far guadagno molto considerabile, sotto pena di vederlo convertito in perdita molto maggiore, non meno propria che de' sudditi. Ciò non proviene che da' falsatori, genere di uomini il peggiore che viva a danno del ben pubblico, perché i sicari stessi e gli assassini sono a poco numero di persone funesti e sono facili a scoprirsi e ad essere castigati. Ma li falsatori assassinano tutto il popolo od una nazione ad un tratto, con sí nascoste maniere, che per lo piú camminano e praticano tuttodí per le piazze non conosciuti per tali, e perciò non puniti. Donde nasce che, nonostante il pericolo della vita e dell'onore, di cui sono irremissibilmente privati qualora sono scoperti, ad ogni modo sempre ve ne sono e sempre ne saranno, finché sará nel mondo l'interesse. E tanto piú, perché a costoro non mancano mai altre persone, che, abusandosi delle proprie fortune ed autoritá, prestano loro occulti favori e protezione, non avendo mai avuto questo privilegio il sangue nobile, tuttoché sempre degno di rispetto e venerazione, di non produrre, a guisa di frumento, qualche spica di pessimo loglio. Ogni volta adunque che un principe batte moneta inferiore, o di rame schietto o di poca lega, e la fa valere piú dell'intrinseco suo valore, in modo che sia grande il guadagno che se ne può fare, egli si sottopone al pericolo che ne sia battuta della stessa sorte da' falsari, anche senza alterarne la bontá, e ne sia riempito a poco a poco il suo Stato; dal che nasce poi la penuria d'altre monete d'argento e d'oro e l'alzamento di quelle, con tutti i danni che ne vanno in conseguenza.


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Economisti del cinque e seicento
di Gasparo Scaruffi - Antonio Serra - Germinio Montanari - Augusto Graziani
Editore Laterza Bari
1913 pagine 458

   





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