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      Lo stesso vien praticato da' mercanti stessi del paese, i quali, vedendo questo disordine nelle determinazioni del principe, prontamente se ne approfittano, mandando fuori di Stato tutto l'oro che ponno raccogliere, per ricevere la valuta in tanto argento: perché, se con una marca d'oro trovano in altre piazze 14 marche e 3/4 d'argento, che in sua mano vale un'oncia d'oro, e ne avanza mezz'oncia d'argento, vi guadagnano gli stessi 3 in 4 per cento. E perché anche uno per cento basta loro, mentre ponno almen due volte il mese replicar il cambio, perciò comprano piú care le doppie, onde queste crescono di valuta; il che tutto è in danno de' sudditi di quel principe che ha mal regolate le sue monete. Imperciocché, venendo asportato l'oro in altro Stato, e convenendo dipoi ad altri mercanti mandar fuori di Stato danaro per far pagamenti, e trovando che in altri luoghi l'oro è prezzato piú, onde vi è quasi 4 per cento di danno mandando argento, essi cercano le doppie ed altre monete d'oro; e chi non le ha di proprio e non le trova altrimenti, le baratta in aggio d'uno e di due e poi di tre per 100 di piú, mercecché gli altri mercanti, che conoscono la strettezza che ha d'oro la piazza, ne raccolgono quanto ponno, per venderlo piú caro di quanto l'ha valutato il principe: ed in questo modo la doppia cresce di prezzo. E lo stesso viceversa succede dell'argento, quando in alcun paese viene valutato piú del suo dovere.
      E vi sono pur troppo mercanti de' piú danarosi in tutta l'Italia, che, sebbene s'impiegano apparentemente in altre marcanzie, tutto il grosso però del loro traffico fanno sulle monete, col quale piú presto e con piú sicurezza si fanno ricchi.


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Economisti del cinque e seicento
di Gasparo Scaruffi - Antonio Serra - Germinio Montanari - Augusto Graziani
Editore Laterza Bari
1913 pagine 458

   





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