Pagina (352/458)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Ora io non so se sia stato mai ponderato abbastanza il danno grandissimo che apporta agli Stati questo traffico, che fanno molti de' piú ricchi mercanti sopra le monete. So bene che, non essendo loro vietato, hanno ragione d'approvecchiarsene quanto ponno; imperciocché ella è una mercanzia che non è sottoposta ad alcuna di quelle disgrazie a cui soggiaciono le altre, fuori delle mani de' ladri. Per altro ella non patisce umido ne' magazzini; non è suddita del tempo, che la corrompa o guasti; non è soggetta. se non rarissime volte e per poca cosa, a scemar di valore, e piuttosto sempre piú cresce; non si consuma fra le mani de' sensali; è sempre bella e venduta a contante, perché ella stessa è contante e tien poco luogo per tutto. E chi lascerá mai di trafficar questa sorte di monete, anzi merce, per impiegare i suoi capitali in seta, in droghe, in lana od altre mercanzie, e, quello ch'è peggio, in far lavorar manifatture, il guadagno delle quali si disperde quasi tutto negli operari?
      Io per me lodo la sagacitá di coloro, che, non avendo obbligo di pensare se non al proprio profitto, scelgono quella sorte di mercatura che piú pronto e meno pericoloso lo produce; e dico che non fanno errore alcuno a star cogli occhi attenti se in alcun luogo nasce l'apertura di mandar monete a cambio d'altre con guadagno, e tener corrispondenze, che d'ogni altra pubblica determinazione e bando de' principi in materia di moneta lor diano avviso, e di subito, con penna aritmetica ben sottile, scandagliare qual vantaggio ne possono trarre, barattando questa con quella spezie di moneta.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Economisti del cinque e seicento
di Gasparo Scaruffi - Antonio Serra - Germinio Montanari - Augusto Graziani
Editore Laterza Bari
1913 pagine 458

   





Stati