Fu sborsato il prezzo in doppie d'Italia, e importò lire 15.450, che erano doppie 686 e lire 15, e li frutti importavano 927 lire l'anno, che erano doppie 41 e piú lire 4 e mezza. Se fosse al presente nelle mie mani quel censo, io trarrei le stesse 927 lire all'anno, come prima; ma, perché le doppie oggidí vagliono 34 lire l'una, mi pagarebbono con doppie 27 con piú lire 9, che sarebbono doppie quasi 14 ch'io averei di meno all'anno d'entrata di quel censo. E, volendo i censuari francarlo, potrebbono farlo con sole doppie 454 e piú lire 14: che farebbero bensí la somma di prima di lire 15.450, ch'ei fu pagato a moneta immaginaria; ma sarebbono 232 doppie effettive in circa di meno del primo pagamento. Ecco dunque quanto scemano le entrate che si riscuotono in livelli, pigioni, censi ed altri simili pagamenti. E frattanto quel gentiluomo, che deve mantenere con quelle il decoro della sua nascita, spende la stessa quantitá d'oro in vestirsi e far le sue livree che prima spendeva, e per conseguenza tante di quelle lire di piú quante piú l'oro stesso ne vale; mercecché il mercante, che di fuori fa venir sue mercanzie, non le può dare in minor prezzo in ragion d'oro di quello che prima valevano.
Cosí dall'alzamento delle monete riceve danno il principe, ricevono danno i sudditi nell'entrate ed averi loro, e impoverisce la nobiltá, onde non può far le solite spese, e perciò ne patiscono ancora tutti gli ordini inferiori, e non solo la mercatura, ma anco le arti; ed insomma tutto il popolo ne sente gravi pregiudizi, sino talora all'esterminio delle arti stesse, che sono il mantenimento delle cittá. Conciossiacché al crescere delle monete non crescono giá i mercanti il prezzo delle giornate o delle manifatture de' poveri artigiani, che nella fabbrica di loro merci lavorano.
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