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      Cosí l'imperadore fece guadagno per una volta tanto di dieci per cento in circa sopra tutta la moneta d'oro che correva per li suoi regni; ma, se avesse fatto meglio i suoi conti, averebbe veduto che quest'utile gli veniva contrapesato con la perdita di dieci per cento di tutte le sue entrate in perpetuo, conciossiacché con le stesse monete da lui spese una volta venivano ogn'anno pagate le loro contribuzioni da' suoi sudditi.
      Ma passiamo ad altri esempi piú evidenti e piú moderni. Non si può con penna spiegare i gravissimi danni, che ha cagionato a' turchi l'aver admesso ne' loro paesi le monete di Francia da soldi cinque, dette in Turchia "temini", a prezzo maggiore la metá di quello che intrinsecamente valevano, perché l'industria de' mercanti francesi ed italiani ha saputo cosí ben valersi dell'occasione, che n'hanno in Turchia di cristianitá asportato quantitá incredibile di milioni, a pregiudizio di tutto il Levante.
      Il Taverniere, nel racconto de' suoi viaggi, ne narra la storia per quello tocca a' turchi e francesi, dal quale aveva io molte notizie per quello aspettava ad altre zecche italiane, ed è tale.
      Era giá introdotto in Francia l'uso di batter le monete col torchio a bilancia, ch'è un istromento nel quale il conio s'imprime mediante una vite poco differente da quella de' stampatori de' libri; se non quanto questa vite sostiene di sopra un ferro traverso grande a guisa di bilancia, impennatovi in mezzo e sostenutovi in equilibrio, il quale, lungo sette in otto piedi alle estremitá sue, vien caricato di due gran palle di piombo al peso di cento e cinquanta e piú libbre l'una, nello stesso ferro infilzate e ferme.


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Economisti del cinque e seicento
di Gasparo Scaruffi - Antonio Serra - Germinio Montanari - Augusto Graziani
Editore Laterza Bari
1913 pagine 458

   





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