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      Quindi dispiacegli sentire un editto del principe che gli riduca di nuovo la moneta a minor valuta di prima, perché si vede diventar minore il numero delle lire, benché immaginarie, che egli aveva prima; ed, a guisa di acquedotto spiacevole, si lascia far piú orrore dalla presente amarezza della medicina che allettamento dalla speranza di salute. Cosí l'universale dispiacere de' popoli pone molte volte il freno all'autoritá de' principi ancor contro il pubblico bene, ed è cagione che rare volte hanno potuto i principi, anco piú assoluti, ridurre le monete a quelle valute minori, da cui si erano alzate con qualche esorbitanza, come attesta Renieri Budelio nel suo trattato De monetis (33), ove dice che, piú volte tentata questa riduzione in Allemagna ed in altri paesi, sempre aveva sortito infausti emergenti. Ma non è meno in tutto bene de' popoli l'abbassamento delle monete, come pure dovrebbe esser, per quella ragione: che da contrarie cause contrari effetti sortir dovrebbono. Per intelligenza di che, esaminiamo brevemente i danni e gli utili dell'alzamento delle monete, lasciando però a parte l'utile che ne tranno gli incettatori, che ne trafficano a pubblico pregiudizio.
      Dall'alzamento delle monete ha danno il principe, perché scemano le sue entrate; e questo risulta a beneficio de' popoli, che, sebbene non se n'avvedono, pure ne risulta loro alleggerimento dalle gravezze. Ha danno il popolo per altra parte, perché chi riscuote censi, livelli o pigioni a contanti, riceve minor quantitá di buon metallo del solito: ma questo danno vien partito, perché altrettanto vi guadagnano i debitori, che pagano con meno quantitá d'oro.


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Economisti del cinque e seicento
di Gasparo Scaruffi - Antonio Serra - Germinio Montanari - Augusto Graziani
Editore Laterza Bari
1913 pagine 458

   





Renieri Budelio Allemagna