Questo ripiego però di scostar alquanto dal giusto la proporzione fra i due ricchi metalli, dando piú valore a quello di cui s'ha bisogno, per eccitarne il concorso, sebbene è il piú praticabile e meno dispendioso al principe, e di piú insensibile, anzi quasi sconosciuto danno a' popoli, non è però affatto innocente, perché ognuno, che vuole di quella cittá far pagar argento fuori, paga un aggio di piú al banchiere per questo svario. E chi ben considera, non vi è altra differenza fra quelle monete che pagano aggio e quelle che si valutano piú del giusto, se non che le monete con l'aggio si ponno considerare cresciute di valuta per quella volta tanto, le altre per sempre; essendo l'aggio delle monete il vero foriero dell'alzamento universale delle medesime, anzi un vero alzamento privato delle valute, una semente de' disordini, che, lasciata lungamente sepolta fra i libri de' mercanti, prorompe finalmente in pubblico abuso. E qui prego chi legge a compatire se, per maggior chiarezza, ripeto nuovamente li medesimi abusi, amplificando questi effetti dell'aggio e dell'alzamento.
Aggiovuol dire in lingua toscana "commoditá o vantaggio, che si ha d'altra cosa", del che viene "aggiato" e "star a suo aggio", che vuol dire "star a suo commodo". E di qui hanno tolto i mercanti il nome di "aggio"; e la frase di "pagar aggio" è quel tanto di piú, che nel barattar moneta lascia uno all'altro, come prezzo di comoditá o dell'aggio che risulta a chi lo paga dall'aver quella specie di monete. Io voglio di Genova condur a Bologna 200 doppie, che ho riscosse colá d'un mio credito: se le porto in doppie di peso, che vagliono in Genova 3760 lire, le trovo valere in Bologna lire 7000; ma, se io le avessi in genovine a lire 7.12 di Genova l'una, sarebbono genovine 494 e 2/3 poco piú, che in Bologna sono di quella moneta, a lire 6.4 l'una, lire 7069; onde in genovine avrò vantaggio di dette 69 lire, e però vado al mercante a barattarle in tante genovine.
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