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      Il bimetallismo a rapporto variabile è sostanzialmente monometallismo, perché tipo monetario unico è di fatto quel metallo che si ritiene non avere variato di valore. La misurazione delle variazioni di valore relativo suppone una unitá fissa; e, se, per esempio, il rapporto da 1 a 15,50 si dice che passa alla proporzione da 1 a 18, si è implicitamente ammesso che la cagione delle variazioni sia nell'argento, e che quell'obbligazione, la quale si estingueva nel periodo precedente con 1 kg. d'oro o con 15,50 kg. di argento, si estingua nel successivo con 1 kg. d'oro o con 18 kg. d'argento. Che se si fosse ritenuto che la variazione fosse dovuta a circostanze inerenti all'oro, si sarebbe detto che il rapporto passava da 1 a 15,50 all'altro da gr. 860 d'oro a 15,50 d'argento, e che quell'obbligazione, la quale si estingueva nel periodo precedente con 1 kg. d'oro o con 15,50 kg. d'argento, si estingue nel successivo con 860 gr. d'oro o con 15,50 kg. d'argento: nel primo caso, il tipo effettivo della circolazione sarebbe l'oro; nel secondo, l'argento. Quindi, a prescindere da tutte le difficoltá di una variazione legislativa o regolamentare, che seguisse le variazioni effettive di valore relativo dei metalli, sempre un metallo dovrebbe ritenersi come fisso: e se si sceglie l'oro, si ha un sistema monometallico aureo; se l'argento, un sistema monometallico argenteo; se a volta a volta si decide quale dei due ha presentato maggiore stabilitá, si incorre nell'inconveniente dell'alternanza della moneta non solo, ma del tipo stesso monetario.


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Economisti del cinque e seicento
di Gasparo Scaruffi - Antonio Serra - Germinio Montanari - Augusto Graziani
Editore Laterza Bari
1913 pagine 458