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      E finalmente, per rispondere a quella intera et assoluta perfezzione di giudizio che si richiede alla scultura, per non aver modo di aggiugnere dove ella leva, affermando prima che tali errori sono, come ei dicano, incorrigibili, né si può rimediare loro senza le toppe, le quali, cosí come ne' panni son cose da poveri di roba, nelle sculture e nelle pitture similmente son cose da poveri di ingegno e di giudizio. Di poi che la pazienzia con un tempo conveniente, mediante i modelli, le centine, le squadre, le seste et altri mille ingegni e strumenti da riportare, non solamente gli difendano dagli errori, ma fanno condur loro il tutto alla sua perfezzione, concludono che questa difficultà che ei mettano per la maggiore, è nulla o poco rispetto a quelle che hanno i pittori nel lavorare in fresco; e che la detta perfezzione di giudizio non è punto piú necessaria alli scultori che a' pittori, bastando a quelli condurre i modelli buoni di cera, di terra o d'altro, come a questi i loro disegni in simili materie pure o ne' cartoni; e che finalmente quella parte che riduce a poco a poco loro i modelli ne' marmi, è piú tosto pazienzia che altro. Ma chiamisi giudizio, come vogliono gli scultori, se egli è piú necessario a chi lavora in fresco che a chi scarpella ne' marmi. Percioché in quello non solamente non ha luogo né la pazienzia né il tempo per essere capitalissimi nimici della unione della calcina e de' colori, ma perché l'occhio non vede i colori veri insino a che la calcina non è ben secca, né la mano vi può avere giudizio d'altro che del molle o secco; di maniera che chi lo dicessi lavorare al buio o con occhiali di colori diversi dal vero, non credo che , errasse di molto; anzi non dubito punto che tal nome non se li convenga piú che al lavoro d'incavo, al quale per occhiali, ma giusti e buoni, serve la cera.


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Le vite de' più eccellenti architetti pittori et scultori italiani da Cimabue insino a' tempi nostri.
di Giorgio Vasari
1550 pagine 1014