Et a cagione ancora che se mai (il che non acconsenta Idio) accadesse per alcun tempo, per la trascuraggine degli uomini o per la malignità de' secoli o pure per ordine de' cieli, i quali non pare che voglino le cose di quaggiú mantenersi molto in uno essere, ella incorresse di nuovo nel medesimo disordine di rovina, possino queste fatiche mie, qualunche elle si siano (se elle però saranno degne di piú benigna fortuna), per le cose discorse innanzi e per quelle che hanno da dirsi, mantenerla in vita; o almeno dare animo a i piú elevati ingegni di provederle migliori aiuti: tanto che con la buona volontà mia e con le opere di questi tali, ella abbondi di quelli aiuti et ornamenti de' quali (siami lecito liberamente dire il vero) ha mancato sino a quest'ora. Ma tempo è di venire oggimai a la vita di Giovanni Cimabue; il quale, sí come dette principio al nuovo modo del dipignere, cosí è giusto e conveniente che e' lo dia ancora alle Vite, nelle quali mi sforzerò di osservare il piú che si possa l'ordine delle maniere loro, piú che del tempo. Senza descrivere però altrimenti le forme e fattezze degli artefici, giudicando tempo perduto il circunscrivere con le parole quello che manifestamente si può vedere negli stessi ritratti loro, citati et assegnati da me, dovunque e' si truovano. ,
GIOVANNI CIMABUE
Erano per l'infinito diluvio dei mali, che avevano cacciato al di sotto et affogata la misera Italia, non solamente rovinate quelle che chiamar si potevano fabriche, ma, quel che importava assai piú, spentone affatto tutto 'l numero degli artefici, quando (come Dio volse) nacque nella città di Fiorenza l'anno MCCXL, per dare i primi lumi all'arte della pittura, Giovanni cognominato Cimabue, della famiglia de' Cimabuoi in quel tempo nobile; il quale, crescendo, fu conosciuto non solamente dal padre ma da infiniti lo acume dello ingegno suo.
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