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      E cosí a' Consoli con buone ragioni persuasero che a Lorenzo l'opera allogassero, mostran,do che il publico et il privato ne sarebbe servito meglio; e fu veramente questo una bontà vera d'amici et una virtú senza invidia, et un giudizio sano nel conoscere se stessi, onde piú lode meritorono che se l'opera avessino condotta a perfezzione. Felici spiriti che mentre giovavano l'uno a l'altro, godevano nel lodare le fatiche altrui. Quanto infelici sono ora i nostri che, mentre ch'e' nuocono, non sfogati, crepano di invidia nel mordere altrui? Fu da' Consoli pregato Filippo ch'e' dovessi far l'opera insieme con Lorenzo, la qual non volse fare, avendo animo di venire a un segno, di volere essere piú tosto primo in una sola arte, che pari o secondo in quell'opera. Per il che la storia, che aveva lavorata di bronzo, donò a Cosimo de' Medici, la qual egli col tempo fece mettere nella sagrestia vecchia di Santo Lorenzo, nel dossal dello altare e quivi si truova al presente, e quella di Donato fu messa nell'Arte del Cambio. Fatta la allogagione a Lorenzo Ghiberti, furono insieme Filippo e Donato, e risolverono insieme partirsi di Fiorenza et a Roma star qualche anno, per attender Filippo alla architettura e Donato alla scultura. Il che fece Filippo, per voler esser superiore et a Lorenzo et a Donato, tanto quanto fanno l'architettura piú nobile de la scultura e de la pittura. E venduto un poderetto che egli aveva a Settignano, di Fiorenza
      partiti, a Roma si condussero, nella quale, vedendo la grandezza degli edifizii e la perfezzione de i corpi de' tempii, stava astratto che pareva fuor di sé. E cosí dato ordine a misurare le cornici e levar le piante di quegli edifizii, egli e Donato continuamente seguitando, non perdonarono né a tempo né a spesa.


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Le vite de' più eccellenti architetti pittori et scultori italiani da Cimabue insino a' tempi nostri.
di Giorgio Vasari
1550 pagine 1014

   





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