E cosí se ne fece modelli e si messe in esecuzione.
Filippo, dopo alquanti mesi riavuto, essendo una mattina in su la piaza di Santa Maria del Fiore con Donato et altri artefici, si ragionava de le antichità nelle cose della , scoltura, e raccontando Donato che quando e' tornava da Roma aveva fatto la strada da Orvieto per veder quella facciata del Duomo di marmo, tanto celebrata, lavorata di mano di diversi maestri, tenuta cosa notabile in que' tempi; e che nel passar poi da Cortona entrò in pieve, e vedde un pilo antico bellissimo dove era una storia di marmo, cosa allora rara non essendosi disotterrati quella abbondanza che ha fatto ne' tempi nostri, e cosí seguendo Donato il modo che aveva usato quel maestro a condurre quella opera, e la fine che vi era dentro, insieme con la perfezzione e bontà del magistero, accese sí Filippo di una ardente volontà di vederlo, che cosí come egli era, in mantello et in cappuccio, in zoccoli, senza dir dove andasse, si partí da loro a piedi e si lasciò portare a Cortona dalla volontà et amore ch'e' portava all'arte. E veduto e piaciutoli il pilo, lo ritrasse con la penna in disegno, e con quello tornò a Fiorenza, senza che Donato o altra persona si accorgesse che e' fussi partito, pensando che e' dovessi disegnare o fantasticare qualcosa.
Cosí tornato in Fiorenza li mostrò il disegno del pilo, da lui con pazienza ritratto, per il che Donato si maravigliò assai, vedendo quanto amore Filippo portava all'arte. Stette molti mesi in Fiorenza, dove egli faceva segretamente modelli et ingegni, tutti per l'opera della cupola, stando tuttavia con gli artefici in su le baie, che allora fece egli quella burla del Grasso e di Matteo, et andando bene spesso per suo diporto ad aiutare a Lorenzo Ghiberti a rinettar qualcosa in su le porte.
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