Piacque a Filippo la risposta di Lorenzo, parendoli che questa fusse la via di farlo allontanare dall'opera e da scoprire ch'e' non era di quella intelligenzia che lo tenevano gli amici suoi et il favore che lo aveva messo in quel luogo. Già erano fermi tutti i muratori de l'opera, aspettando di dovere cominciare sopra le dodici braccia e far le volte et incatenarle, e già cominciando a strignere la cupola da sommo, era,no forzati fare i ponti, acciò che i manovali e muratori potessino lavorare senza pericolo, atteso che l'altezza era tale che guardando allo ingiú faceva paura e sbigottimento a ogni sicuro animo. Stavasi da i muratori e dagli altri maestri ad aspettare il modo della catena e de' ponti: né resolvendosi niente per Lorenzo né per Filippo, nacque una mormorazione fra i muratori e gli altri maestri, non vedendo sollecitare come prima; et essi, che povere persone erano, vivevano sopra le lor braccia, e dubitando che né a l'uno né all'altro bastassi l'animo di andar piú su con quella opera, il meglio ch'e' sapevano e potevano, andavano trattenendosi per la fabrica, ristoppando e ripulendo tutto quel che era murato fino allora. Una mattina infra le altre, Filippo non capitò al lavoro, e fasciatosi il capo entrò nel letto, e continovamente gridando si fece scaldare taglieri e panni con una sollecitudine grande, fingendo avere mal di fianco. Inteso questo, i maestri che stavano aspettando l'ordine di quel che avevono a lavorare, dimandarono Lorenzo quel che avevono a seguire: rispose che l'ordine era di Filippo e che bisognava aspettare lui.
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