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      Ché, considerando la quantità diversa che egli aveva fatto nelle avvignature, incastrature e commettiture e legazioni di pietre, faceva tremare e temere a pensare che un solo ingegno fusse capace di tanto, quanto era diventato quel di Filippo. Il quale di continuo crebbe talmente, che nessuna cosa che fussi umana quantunque difficile et aspra, egli non la rendesse facile e piana, mostrandolo nel ti,rare i pesi, per via di contrappesi e ruote che un sol bue tirava quanto arebbono appena tirato sei paia.
      Erano già cresciuti con la fabbrica tanto alto, che era uno sconcio grandissimo, salito che uno vi era, inanzi si venisse in terra; e molto tempo perdevano i maestri nello andare a desinare e bere, che per il caldo il giorno pativano. Fu adunque trovato da Filippo ordine che si aprissero osterie nella cupola con le cucine, e vi si vendesse il vino, e cosí nessuno si partiva del lavoro se non la sera. Il che fu a loro commodità, et all'opera utilità grandissima. Era sí cresciuto l'animo a Filippo, vedendo l'opera camminar forte, e riuscire con felicità, che di continuo si affaticava; et egli stesso andava alle fornaci dove si spianavano i mattoni, e voleva vedere la terra et impastarla, e cotti che erano, gli voleva scerre di sua mano con somma diligenzia. E delle pietre a gli scarpellini guardava se vi era peli dentro, se eran dure, e dava loro i modelli delle avvignature e commettiture di legname e di cera, e cosí fatti di rape; e similmente faceva de' ferramenti a i fabbri. E trovò il modo de' gangheri co 'l capo e degli arpioni, e facilitò molto l'architettura, la quale certamente per lui si ridusse a quella perfezzione che forse ella non fu mai appresso a i Toscani.


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Le vite de' più eccellenti architetti pittori et scultori italiani da Cimabue insino a' tempi nostri.
di Giorgio Vasari
1550 pagine 1014

   





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