Laonde visto Giovanni il nocumento che gli aveva fatto il caldo del sole, deliberò che mai piú li facesse tal danno; e recatosi non meno a noia la vernice che il lavorare a tempera, cominciò a pensare di trovare un modo di fare una sorte di vernice che seccasse a l'ombra, senza mettere al sole le sue pitture; e cosí sperimentato diverse cose, e pure e mescolate, alla fine trovò che l'olio di seme di lino e quello delle noci, fra tanti che ne provò, erano piú seccativi di tutti gli altri. Questi dunque bolliti con altre sue misture, gli fecero la vernice che egli stesso desiderava. E cosí fatto sperimento oltre a quella di molte cose, vide che il mescolare i colori con queste sorti d'oli gli dava una tempera molto forte, che secca non temeva l'acqua altrimenti; et inoltre accendeva il colore tanto forte, che gli recava lustro da per sé senza vernice; e quello che piú gli parve mirabile era che si univa meglio che la tempera infinitamente. Rallegrossene dunque Giovanni come era giusto; e dato principio a mettere in opera i suoi lavori, ne venne a condurre oggi una cosa e domani un'altra, di maniera che assicuratosi de la esperienza, venne a far opere maggiori; le quali vedutesi e da gli artefici del suo paese e da i forestieri furon molto lodate. E ne sparse per Fiandra e per Italia e per le altre parti del mondo, che egli reccaronno utile e fama immortale; e massimamente da chi , intendeva la nuova invenzione del colorito di Giovanni. Perché vedendo le opere sue, e non sapendo quello che egli si adoperasse, era costretto non solamente a lodarlo, ma a celebrarlo quanto e' poteva.
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