De le quali se bene io non debbo, né voglio disputare o discorrere, non intendo però tacermi che la architettura non solamente è utile e comoda alla vita umana, ma sommamente necessaria. Con ciò sia che senza essa, non vo' dire i palazzi, le fortezze, le città, le macchine, i tirari, ma le semplici abitazioni che ci difendono da gli incomodi e la agricultura stessa che ci mantiene la vita, o non sarebbono in modo alcuno, o sí fattamente disordinate, che poco profitto se ne trarrebbe. Per la qual cosa, chi diviene in quella famoso, debbe meritamente fra tutti li artefici aver luogo e pregio grandissimo e come lo ebbe ne' tempi suoi Chimenti Camicia, che in Ungheria, per questa virtú, meritò essere molto stimato da quel re et onoratissimamente riconosciuto. I principii di costui interamente ci sono ascosti, e da la patria in fuori che fu Fiorenza non sappiano di lui dire altro, se non che a servizio del Re di Ungheria egli fece palazzi, giardini, fontane, tempii e muraglie grandissime di fortezze, con intagli et orna,menti di palchi molto garbati, che furono condotti di poi per le mani di Baccio Cellini con bellezza e grazia infinita. Dopo le quali cose Chimenti, come amorevole della sua patria, se ne tornò a Fiorenza, e Baccio si restò in Ungheria, faccendo lavorare in Fiorenza a Berto Linaiuolo pittore fiorentino alcune tavole, le quali condotte in Ungheria furono tenute cosa bellissima. E ne acquistò appresso quel re grandissimo nome Berto predetto, il quale nella città di Fiorenza patria sua lavorò ancora per le case de' cittadini alcuni tondi di Nostra Donna, molto lodati da chi gli vide.
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