Continovando adunque in tale esercizio, advenne che fuggendo un giorno la pioggia, si abbatté a caso in un luogo, dove uno di questi dipintori di contado che lavorano a poco pregio, dipigneva un tabernacolo d'un contadino, non però di molto momento. Andrea, che mai piú non aveva veduta una simil cosa, assalito da una subita maraviglia, cominciò attentissimamente a guardare e considerare la maniera di tale lavoro. E gli venne subito un desiderio grandissimo et una voglia sí spasimata et avida di quella arte, che senza mettere piú tempo in mezzo, cominciò per le mura e su per le pietre co' carboni o con la punta del coltello, a sgraffiare et a disegnare animali e figure, sí fattamente che e' moveva gran maraviglia in chi le vedeva. Cominciò dunque a correr la fama tra' , contadini di questo nuovo studio di Andrea, e pervenendo (come volse la sua ventura) questa cosa a gli orecchi d'un gentiluomo fiorentino, chiamato Bernardetto de' Medici, che vi aveva sue possessioni, volle conoscere questo fanciullo; e vedutolo finalmente et uditolo ragionare con molta prontezza, lo dimandò se egli farebbe volentieri l'arte del dipintore. E rispondendoli Andrea che e' non potrebbe avvenirli cosa piú grata, né che quanto questa mai gli piacesse, a cagione che e' venisse perfetto in quella, ne lo menò con seco a Fiorenza, e con uno di que' maestri che erano allora tenuti migliori, lo acconciò a lavorare. Per il che seguendo Andrea l'arte della pittura, et a gli studii di quella datosi tutto, mostrò grandissima intelligenzia nelle difficultà della arte, e massimamente nel disegno.
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