Fu nientedimanco onorato di poi con questo epitaffio:
IL VERROCCHIO.
SE IL MONDO ADORNO RESIMERCÉ DELLE BELLE OPRE ALTE E SVPERNE,
SON DI ME LVMI ACCESIFABRICHE, BRONZI MARMI IN STATVE ETERNE.
LO ABATE DI SAN CLEMENTE
Miniatore
Rare volte suole avvenire, se uno è d'animo buono e di vita esemplare, che il cielo non lo provegga d'amici ottimi e di abitazioni onorate, e che per i benigni costumi suoi e' non sia vivo, in venerazione, e morto, in grandissimo desiderio di qualunque lo ha conosciuto; come poco avanti di questa età fu Don Piero della Gatta, abate di San Clemente di Arezzo, eccellente in diverse cose e costumato fra tutti gli altri. Costui fu frate de gli Agnoli, e nella sua giovanezza miniatore singularissimo e dotato di bonissimo disegno, come ne fanno fede le miniature lavora,te da lui a' monaci di Santa Fiora e Lucilla nella Badia di Arezzo; et ancora in S. Martino, Duomo di Lucca. Fu amato molto nel suo tempo dal Generale di Camaldoli, che fu Mariotto Maldoli aretino, il quale parendo il Don Piero persona che per le sue virtú meritasse tal beneficio, liberamente glieli donò, e colui come grato lavorò poi molte opre per quella religione.
Venne la peste del MCCCCLXVIII, e non potendosi allora con molti praticare, lo Abate si diede a dipignere le figure grandi, e la prima fu un S. Rocco, che e' fece in tavola a' rettori della Fraternita d'Arezzo, nella udienza dove e' si ragunano; la quale figura raccomanda alla Nostra Donna il popolo aretino. Et in pochissimi mesi imparò benissimo a lavorare a fresco in muro et in tavola ancora, e lavorando assai, divenne pittore eccellente e raro.
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