Et inalzati dalla fortuna, si abbattono bene spesso in un principe buono e santo che aggiusta fede sí salda alle loro parole, che fidatosi di essi e trovandosene ben servito ne' suoi disegni, è forzato remunerare in modo le lor fatiche, che i posteri di quegli sino in quinta generazione ne sentino largamente ed utile e comodo. Laonde questi tali caminano in questa vita con tanta gloria a la fine loro, che di sé lasciano segni al mondo di maraviglia; come fecero Antonio e Piero del Pollaiolo, molto stimati ne' tempi loro per quelle rare virtú che e' si avevano guadagnate co' loro sudori. Nacquero costoro nella città di Fiorenza, pochi anni l'uno dopo l'altro, di padre assai basso e non molto agiato, il quale conoscendo per molti segni il buono et acuto ingegno de' suoi figliuoli, non avendo il modo a indirizzargli a le lettere, pose Antonio alla arte dello orefice con Bartoluccio Ghiberti, maestro allora molto eccellente in tale esercizio, e Piero misse al pittore con An,drea del Castagno, che era il meglio allora di Fiorenza. Antonio dunque tirato innanzi da Bartoluccio, oltra il legare le gioie e lavorare a fuoco smalti d'argento, era tenuto il piú valente che maneggiasse ferri in quella arte. Laonde Lorenzo Ghiberti, che allora lavorava le porte di San Giovanni, dato di occhio alla maniera d'Antonio, lo tirò al lavoro suo in compagnia di molti altri giovani. E postolo intorno ad uno di que' festoni che allora aveva tra mano, Antonio vi fece su una quaglia che dura ancora, tanto bella e tanto perfetta, che non le manca se non il volo.
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