Non conterò già i quadri che sono sparsi per Bologna in casa que' gentiluomini, e meno la infinità de' ritratti di naturale che egli fece, perché troppo sarei prolisso. Basti che mentre che egli era in cotanta gloria e godeva im pace le sue fatiche, era in Roma Raffaello da Urbino; e tutto il giorno gli venivano intorno molti forestieri, e fra gli altri molti gentiluomini bolognesi, per vedere l'opere di quello. E perché egli avviene il piú delle volte, che ognuno loda volentieri gli ingegni da casa sua, cominciarono questi Bolognesi con Raffaello a lodare l'opere, la vita e l'eccellenzia del Francia; e cosí feciono tra loro a parole tanta amicizia, che il Francia e Raffaello si salutaronno per lettere. Et udito il Francia tanta fama de le divine pitture di Raffaello, desiderava veder l'opere sue; ma già vecchio et agiato, si godeva la sua Bologna. Avvenne appresso che Raffaello fece in Roma per il Cardinal Santi IIII una tavola di Santa Cecilia, che si aveva a mandare in Bologna per porsi in una cappella in San Giovanni in Monte, dove è la sepoltura della Beata Elena dall'Olio; et incassata, la dirizzò a 'l Francia, che come amico fatto già la dovesse porre in su lo altare di quella cappella, con l'ornamento come l'aveva esso acconciato. Ebbelo molto caro il Francia, per aver agio di poter veder l'opere di Raffaello, da lui anco bramate. Et avendo aperta la lettera che gli scriveva Raffaello, e dove e' lo pregava, se ci fusse nessun graffio che e' l'acconciasse e similmente conoscendoci alcuno er,rore, come amico, lo correggesse, fece con allegrezza grandissima ad un buon lume trarre de la cassa la detta tavola.
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