E contandoli i premii già delli antichi e de' moderni, confortava Pietro a lo studio di quella. Onde gli accese l'animo di maniera, che gli venne capriccio di volere (se la fortuna lo volessi aiutare) essere uno di quelli. E però spesso usava di domandare qualunque conosceva essere stato per il mondo in che parte meglio si facessino gli uomini di quel mestiero, e particularmente il suo maestro. Il quale gli rispose sempre di un medesimo tenore, ciò è che in Firenze piú che altrove venivano gli uomini perfetti in tutte l'arti, e specialmente nella pittura. Atteso che in quella città sono spronati gli uomini da tre cose: l'una, da 'l biasimare che fanno molti e molto, per far quell'aria gli ingegni liberi di natura, e non contentarsi universalmente dell'opere pur mediocri, ma sempre piú ad onore del buono e del bello, che a rispetto del facitore considerarle; l'altra, che a volervi vivere bisogna essere industrioso, il che non vuole dire altro che adoperare continuamente l'ingegno et il giudizio et essere accorto e presto nelle sue cose, e finalmente saper guadagnare, non , avendo Firenze paese largo et abbondante, di maniera che e' possa dar le spese per poco a chi si sta, come dove si truova del buono assai. La terza, che non può forse manco dell'altre, è la ambizione che genera quell'aria, la quale in tutte le persone che hanno spirito, non pur consente che gli uomini voglino stare al pari, nonché restare in dietro a chi e' veggono essere uomini come sono essi, benché gli riconoschino per maestri; ma gli sforza bene spesso a desiderar tanto la propria grandezza, che se non sono benigni di natura o savi, riescono mal dicenti, ingrati e sconoscenti de' benefizii.
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Pietro Firenze Firenze
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