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      Laonde la natura restò vinta da i suoi colori, e l'invenzione era in lui sí facile e propria quanto può giudicare chi vede le storie sue, le quali sono simili alli scritti, mostrandoci in quelle i siti simili e gli edificii, cosí come nelle genti nostrali e strane, le cere e gli abiti, secondo che egli ha voluto: oltra il dono della grazia delle teste, giovani, vecchi e femmine, riservando alle modeste la modestia, alle lascive la lascivia et a i putti ora i vizii ne gli occhi et ora i giuochi nelle attitudini. E cosí i suoi panni piegati, né troppo semplici, né intrigati, ma con una guisa che paion veri. Seguí in queta maniera, ma piú dolce di colorito e non tanta gagliarda Andrea del Sarto, il qual si può dire che fusse raro, perché l'opere sue son senza errori. Né si può esprimere le leggiadrissime vivacità vive che fece nelle opere sue Antonio da Correggio, sfilando i suoi capelli con un modo, non di quella maniera fine che facevano gli innanzi a lui, ch'era difficile, tagliente e secca, ma d'una piumosità morbidi, che si scorgevano le fila nella facilità del farli, che parevano d'oro e piú belli che i vivi, i quali restano vinti da i suoi coloriti.
      Il simile fece Francesco Parmigiano suo creato, il quale in molte parti di grazia e di ornamenti e di bella maniera lo avanzò, come si vede in molte pitture sue, le quali ridano nel viso e de gli occhi veggono vivacissimamente, scorgendosi il batter de' polsi, come piú piacque al suo pennello. Ma chi considererà l'opere , delle facciate di Polidoro e di Maturino, vedrà le figure far que' gesti che l'impossibile non può fare, e stupirà come e' si possa non ragionare con la lingua ch'è facile, ma esprimere col pennello le terribilissime invenzioni messe da loro in opera con tanta pratica e destrezza, rappresentando i fatti de' Romani come e' furono propriamente.


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Le vite de' più eccellenti architetti pittori et scultori italiani da Cimabue insino a' tempi nostri.
di Giorgio Vasari
1550 pagine 1014

   





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