Trovasi che Lionardo per l'intelligenzia de l'arte cominciò molte cose e nessuna mai ne finí, parendoli che la mano aggiugnere non potesse alla perfezzione de l'arte ne le cose, che egli si imaginava, con ciò sia che si formava nella idea alcune difficultà tanto maravigliose, che con le mani, ancora che elle fussero eccellentissime, non si sarebbono espresse mai. , E tanti furono i suoi capricci, che filosofando de le cose naturali, attese a intendere la proprietà delle erbe, continuando et osservando il moto del cielo, il corso de la luna e gli andamenti del sole. Per il che fece ne l'animo un concetto sí eretico, che e' non si accostava a qualsivoglia religione, stimando per avventura assai piú lo esser filosofo che cristiano.
Acconciossi per via di Ser Piero suo zio nella sua fanciullezza a l'arte con Andrea del Verocchio, il quale faccendo una tavola dove San Giovanni battezzava Cristo, Lionardo lavorò uno angelo, che teneva alcune vesti; e benché fosse giovanetto, lo condusse di tal maniera, che molto meglio de le figure d'Andrea stava l'angelo di Lionardo. Il che fu cagione ch'Andrea mai piú non volle toccare colori, sdegnatosi che un fanciullo ne sapesse piú di lui. Li fu allogato per una portiera, che si aveva a fare in Fiandra d'oro e di seta tessuta, per mandare al Re di Portogallo un cartone d'Adamo e d'Eva, quando nel Paradiso terrestre peccano: dove col pennello fece Lionardo di chiaro e scuro lumeggiato di biacca un prato di erbe infinite con alcuni animali, che invero può dirsi che in diligenza e naturalità al mondo divino ingegno far non la possa sí simile.
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