Portò dunque Lionardo per questo effetto ad una sua stanza, dove non entrava se non e' solo, lucertole, ramarri, grilli, serpi, farfalle, locuste, nottole et altre strane spezie di simili animali: da la moltitudine de' quali, variamente adattata insieme, cavò uno animalaccio molto orribile e spaventoso, il quale avvelenava con l'alito e faceva l'aria di fuoco. E quello fece uscire d'una pietra scura e spezzata, buffando veleno da la gola aperta, fuoco da gli occhi e fumo dal naso sí stranamente, che e' pareva monstruosa et orribil cosa. E penò tanto a farla, che in quella stanza era il morbo de gli animali morti troppo crudele, ma non sentito da Lionardo, per il grande amore che e' portava alla arte. Finita questa opera, che piú non era ricerca né dal villano né dal zio, Lionardo gli disse che ad ogni sua comodità mandasse per la rotella, che quanto a lui era finita. Andato dunque Ser Piero una , mattina a la stanza per la rotella e picchiato alla porta, Lionardo gli aperse, dicendo che aspettasse un poco; e ritornatosi nella stanza acconciò la rotella al lume in su 'l leggio et assettò la finestra, che facesse lume abbacinato, poi lo fece passar dentro a vederla. Ser Piero nel primo aspetto, non pensando alla cosa, subitamente si scosse, non credendo che quella fosse rotella, né manco dipinto quel figurato che e' vi vedeva. E tornando col passo a dietro, Lionardo lo tenne, dicendo: "Questa opera serve per quel che ella è fatta: pigliatela dunque e portatela, ché questo è il fine, che dell'opere s'aspetta". Parse questa cosa piú che miracolosa a Ser Piero, e lodò grandissimamente il capriccioso discorso di Lionardo; poi comperata tacitamente da un merciaio una altra rotella dipinta d'un cuore trapassato da uno strale, la donò al villano che ne li restò obligato sempre mentre che e' visse.
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