Venivagli voglia di lavorare, e per il parletico non poteva. Et entrava in una collora, che voleva sgarare le mani che stessino ferme, e mentre che e' borbotava, o gli cadeva la mazza da poggiare o veramente i pennelli, che era una compassione. Adiravasi con le mosche, e gli dava noia infino a l'ombra; e cosí ammalatosi di vecchiaia, e visitato pure da qualche amico, era pregato che dovesse acconciarsi con Dio: ma non li pareva avere a morire, e tratteneva altrui d'oggi in domane; non che e' non fussi buono, e' non avessi fede, ché era zelantissimo, ancor che nella vita fusse bestiale. Ragionava qualche volta de' tormenti che per i mali fanno distruggere i corpi e quanto stento patisce chi consumando gli spiriti a poco a poco si muore, il che è una gran miseria. Diceva male de' medici, degli speziali e di coloro che guardano gli ammalati e che gli fanno morire di fame; oltra i tormenti de gli sciloppi, medicine, cristeri et altri martorii, come il non essere lasciato dormire quando tu hai sonno, il fare testamento, il veder piagne,re i parenti e lo stare in camera al buio, e lodava la giustizia, che era cosí bella cosa l'andare a la morte; e che si vedeva tanta aria e tanto popolo; che tu eri confortato con i confetti e con le buone parole; avevi il prete et il popolo che pregava per te; e che andavi con gli angeli in Paradiso; che aveva una gran sorte chi n'usciva a un tratto. E faceva discorsi e tirava le cose a' piú strani sensi che si potesse udire. Laonde per sí strane sue fantasie vivendo stranamente si condusse a tale, che una mattina fu trovato morto appiè d'una scala, l'anno MDXXI. Et in San Pier Maggiore gli fu dato sepoltura; né è mancato poi chi per le sue azzioni gli abbi fatto memoria di epitaffi, che metto solamento questo:
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Dio Paradiso San Pier Maggiore
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