Ma non parendo che i frati del mangiare a lor modo li trattassero, alcuni suoi giovani, che seco imparavano l'arte, non lo sapendo Mariotto, avevano contrafatto la chiave di quelle finestre onde si porge a' frati la piatanza, la quale risponde in camera loro; et alcune volte secretamente quando a uno e quando a uno altro rubavano il mangiare. Fu molto romore di questa cosa tra' frati: perché de le cose della gola i frati si risentono molto ben come gli altri; e facendo ciò i garzoni con molta destrezza, essendo tenuti buone persone, incolpavano coloro alcuni frati che per odio l'un dell'altro il facessero; dove la cosa pur si scoperse un giorno. Perché i frati, acciò che il lavoro si finisse, raddoppiarono la piatanza a Mariotto et a' suoi garzoni, i quali con allegrezza e risa finirono quella opera.
Alle monache di San Giuliano di Fiorenza fece la tavola dello altar maggiore, che in Gualfonda lavorò in una sua stanza, insieme con un'altra nella medesima chiesa d'un Crocifisso con angeli e Dio Padre, figurando la Trinità in campo d'oro a olio. Era Mariotto persona inquietissima e carnale nelle cose d'amore e di buon tempo nelle cose del vivere; perché, venendogli in odio le sofisticherie e gli stillamenti di cervello della pittura, et essendo spesso dalle lingue de' pittori morso, come è continua usanza in loro e per eredità mantenuta, si risolvette darsi a piú bassa e meno faticosa e piú allegra arte; et aperto una bellissima osteria fuor della porta San Gallo, al ponte Vecchio al Drago, taverna piú che osteria fece, e quella molti mesi tenne, dicendo che aveva presa una arte la quale era senza muscoli, scorti, prospettive e, quel ch'importa piú, senza biasmo, e che quella che aveva lasciata era contraria a questa; perché imitava la carne e 'l sangue, e questa faceva il san,gue e la carne, che quivi ognora si sentiva, avendo buon vino, lodare, et a quella ogni giorno si sentiva biasimare.
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