Di costui fece dono la natura a noi, essendosi di già contentata d'essere vinta dall'arte per mano di Michele Agnolo Buonarroti, e volse ancora per Rafaello esser vinta dall'arte e da i costumi. Con ciò sia che quasi la maggior parte de gli artefici passati avevano sempre da la natività loro arrecato seco un certo che di pazzia e di salvatichezza, la quale oltra il fargli astratti e fantastichi fu cagione, il piú delle volte, che assai piú apparisse e si dimostrasse l'ombra e l'oscuro de' vizii loro, che la chiarezza e splendore di quelle virtú, che giustamente fanno immortali i seguaci suoi. Dove per adverso in Rafaello chiarissimamente , risplendevano tutte le egregie virtú dello animo, accompagnate da tanta grazia, studio, bellezza, modestia e costumi buoni, che arebbono ricoperto e nascoso ogni vizio quantunque brutto, et ogni machia ancora che grandissima. Per il che sicurissimamente può dirsi che i possessori delle dote di Rafaello, non sono uomini semplicemente, ma dèi mortali. E che quegli che coi ricordi della fama lassano quaggiú fra noi per le opere loro onorato nome, possono ancora sperare in cielo guiderdone delle loro fatiche, come si vede che in terra fu riconosciuta la virtú, et ora e sempre sarà onoratissima la memoria del graziosissimo Rafaello.
Nacque Rafaello in Urbino città notissima l'anno MCCCCLXXXIII, in Venerdí Santo a ore tre di notte, d'un Giovanni de' Santi, pittore non molto eccellente, anzi non pur mediocre in questa arte. Egli era bene uomo di bonissimo ingegno e dotato di spirito e da saper meglio indirizzare i figliuoli per quella buona via, che per sua mala fortuna non avevano saputo quelli che nella sua gioventú lo dovevano aiutare.
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