Onde non confessando egli quel disordine che aveva fatto, per poca prudenza, loro gli cavarono sangue; di maniera che indebilito si sentiva mancare, là dove egli aveva bisogno di ristoro.
Per il che fece testamento e prima come cristiano mandò l'amata sua fuor di casa e le lasciò modo di vivere onestamente; e divise le cose sue fra' discepoli suoi, Giulio Romano, il quale sempre amò molto, Giovan Francesco Fiorentino detto il Fattore, et un non so chi prete da Urbino suo parente.
Ordinò poi che de le sue facultà in Santa Maria Ritonda si restaurasse un tabernacolo di quegli antichi di pietre nuove et uno altare si facesse con una statua di Nostra Donna di marmo, la quale per sua sepoltura e riposo dopo la morte s'elesse; e lasciò ogni suo avere a Giulio e Giovan Francesco, faccendo essecutore M Baldassarre da Pescia, allora datario del papa.
Poi confesso e contrito finí il corso della sua vita il giorno medesimo ch'e' nacque, che fu il Venerdí Santo d'anni XXXVII, l'anima del quale è da credere che come di sue virtú ha imbellito il mondo, cosí abbia di se medesima adorno il cielo.
Gli misero alla morte al capo nella sala, ove lavorava, la tavola della Trasfigurazione che aveva finita per il cardinale de' Medici, la quale opera nel vedere il corpo morto e quella viva, faceva scoppiare l'anima di dolore a ognuno che quivi guardava. La quale tavola per la perdita di Rafaello fu messa dal cardinale a San Pietro a Montorio allo altar maggiore; e fu poi sempre per la rarità d'ogni suo gesto in gran pregio tenuta.
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