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      Fu da,ta al corpo suo quella onorata sepoltura che tanto nobile spirito aveva meritato, perché non fu nessuno artefice che dolendosi non piagnesse et insieme alla sepoltura non l'accompagnasse.
      Dolse ancora sommamente la morte sua a tutta la corte del papa, prima per avere egli avuto in vita uno officio di cubiculario et appresso per essere stato sí caro al papa che la sua morte amaramente lo fece piagnere.
      O felice e beata anima, da che ogn'uomo volentieri ragiona di te e celebra i gesti tuoi et ammira ogni tuo disegno lasciato! Ben poteva la pittura, quando questo nobile artefice morí, morire anche ella che quando egli gli occhi chiuse, ella quasi cieca rimase.
      Ora a noi che dopo lui siamo, resta imitare il buono, anzi ottimo modo, da lui lasciatoci in esempio e come merita la virtú sua e l'obligo nostro, tenerne nell'animo graziosissimo ricordo e farne con la lingua sempre onoratissima memoria. Che invero noi abbiamo per lui l'arte, i colori e la invenzione unitamente ridotti a quella fine e perfezzione che appena si poteva sperare, né di passar lui già mai si pensi spirito alcuno. Et oltre a questo beneficio che e' fece all'arte, come amico di quella, non restò vivendo mostrarci come si negozia con li uomini grandi, co' mediocri e con gl'infimi.
      E certo fra le sue doti singulari ne scorgo una di tal valore che in me stesso stupisco: che il cielo gli dette forza di poter mostrare ne l'arte nostra uno effetto sí contrario alle complessioni di noi pittori.
      E questo è che naturalmente gli artefici nostri, non dico solo i bassi, ma quelli che hanno umore d'esser grandi (come di questo umore l'arte ne produce infiniti), lavorando ne l'opere in compagnia di Rafaello stavano uniti e di concordia tale, che tutti i mali umori nel veder lui si amorzavano et ogni vile e basso pensiero cadeva loro di , mente.


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Le vite de' più eccellenti architetti pittori et scultori italiani da Cimabue insino a' tempi nostri.
di Giorgio Vasari
1550 pagine 1014

   





Rafaello