E talmente furono di lode, di carezze e di premii le fatiche e le virtú del priore da gli Aretini riconosciute et egli di tal cosa tanto contento e sodisfatto, che si risolse eleggere quella città per patria, e di franzese che era diventare aretino.
Appresso, considerando seco medesimo l'arte de' vetri essere poco eterna per le rovine che nascono ognora in tali opre, gli venne desiderio di darsi alla pittura e cosí da gli operai di quel vescovado prese a fare tre grandissime volte a fresco, pensando lasciar di sé memoria. E gli Aretini in ricompensa gli fecero dare un podere, ch'era della Fraternita di Santa Maria della Misericordia, vicino alla terra, con bonissime case a godimento della vita sua: e volsero che, finita tale opera, fosse stimato per uno egregio artefice il valor di quella e che gli operai di ciò gli facessino buono il tutto. Per che egli si mise in animo di farsi in ciò valere et alla similitudine delle cose della cappella di Michele Agnolo, fece le figure per la altezza grandissime. E poté in lui talmente la voglia di farsi eccellente in tale arte, che ancora che e' fosse di età di L anni, migliorò di cosa in cosa di modo che mostrò non meno conoscere et intendere il bello, che in opera dilettarsi di contrafare il buono, come ne fa fede una ultima volta piccola da basso lavorata da lui con pratica, con disegno e con intelligenza. Nella quale figurò i principi del Testamento Nuovo, come nelle tre grandi il principio del Vecchio aveva fatto. Onde per questa cagione voglio credere che ogni ingegno che abbia volontà di pervenire a la perfezzione, possa passare (volendo affaticarsi) il termine d'ogni scienza.
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