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      Egli aveva appiccato alla sua bottega una insegna, nella quale erano alcuni libri ch'ardevano; per il che, quando uno gli chiedeva tempo a pagare, gli diceva: "Io non posso, perché i miei libri abbruciano e non vi si può piú scrivere debitori".
      Gli fu allogato per i signori Capitani di Parte Guelfa, magistrato in Fiorenza non mediocre, un paio d'alari, i quali avendo egli finiti, piú volte gli furono mandati a chiedere per gli loro donzelli.
      Et egli di continuo usava dire: "Io sudo e duro fatica su questa ancudine e voglio che qui su mi siano pagati i miei danari. Per il che essi di nuovo rimandarono per il lor lavoro e che per li danari andasse, che subito sarebbe pagato, et egli ostinato rispondeva che prima gli portassero i danari, et il lavoro li darebbe. Laonde il provveditore venuto in collera, perché i capitani li volevano vedere, gli mandò dicendo ch'esso aveva avuto la metà de i danari e che mandasse gli alari che del rimanente lo sodisfarebbe. Per la qual cosa il Caparra, avvedutosi del vero, diede al donzello uno alar solo, dicendo: "Te' porta questo, ch'è il loro e, se piace a essi, porta l'intero pagamento che te gli darò, percioché questo è mio".
      Gli ufficiali, veduto l'opera mirabile che in quello aveva fatto, gli mandarono i danari a bottega et esso mandò loro l'altro alare. Dicono ancora che Lorenzo de' Medici volse far fare ferramenti per mandare a donar fuora, acciò che l'eccellenza del Caparra si vedesse; perché andò egli stesso in persona a bottega sua e per avventura trovò che lavorava alcune cose che erano di povere persone, da le quali aveva avuto parte del pagamento per arra.


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Le vite de' più eccellenti architetti pittori et scultori italiani da Cimabue insino a' tempi nostri.
di Giorgio Vasari
1550 pagine 1014

   





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