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      E nel monistero di Cestello ad un Sagramen,to, lavorò a fresco due angeli; et in una cappella fece una tavola con molti santi, la quale di colorito e di morbidezza è simile all'altre cose sue. Gli fu da detti monaci fatto allogazione di lavorare alla Badia di Settimo in un chiostro tutte le storie de i sogni del Conte Ugo delle Sette Badie. E non molto dopo sul canto di via Mozza da Santa Caterina lavorò un tabernacolo a fresco. Fece ad Anghiari in una compagnia un Deposto di Croce, il quale fu tenuto dell'opere sue la migliore. E perché egli era persona che attendeva piú a' quadri di Nostre Donne et a' ritratti et alle teste che a opere grandi, consumò il tempo in quelle. Ma se Domenico avesse seguitato le fatiche dell'arte e non i piaceri del mondo, arebbe senza alcun dubbio fatto infinito profitto in tal mestiero; perché egli si vede che Andrea del Sarto, amico e domestico suo, in alcune cose di disegno lo soccorse, dove ben si pare che ci fosse il disegno buono et il colorito perfetto, per che egli corrotto da un suo uso di non molta fatica nelle cose, lavorava piú per fare opere che per fama. E ciò fu cagione ch'egli continuo praticava con persone allegre e con musici, alcune femmine e certi suoi amori seguendo. E però venendo la peste l'anno MDXXVII, praticando in casa alcune sue innamorate, da esse ne guadagnò la peste e la morte. E da uno amico poi questo distico:
     
      Esse animum nobis coelesti e semine et aura,
      Hic pingens, passim credita, vera docet.
     
      Finí il corso della vita sua d'anni LII. Furono i colori per lui sí con unita maniera adoperati, che piú per questo merita lode che per altro.


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Le vite de' più eccellenti architetti pittori et scultori italiani da Cimabue insino a' tempi nostri.
di Giorgio Vasari
1550 pagine 1014

   





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