Cosí nascosto quel di Raffaello, in uno ornamento simile fu mandato a Mantova salvo; per il che restò satisfattissimo il Duca Federigo, per avergnene lodato Giulio Romano, discepolo di Raffaello, il quale, credendolo certamente di sua mano, sté in quella opinione di molti anni. Avvenne che un che sté con Andrea mentre si fé questa opera e creatura di M Ottaviano, capitò a Mantova, dove gli fu da Giulio fatto molte carezze e mostrogli l'anticaglie e le pitture sue, e da lui in ultimo come reliquia li fu mostro questo quadro. Per il che nel guardarlo lo amico di Giulio li disse: "È una bella opera, ma non è quella di Raffaello". "Come non? - disse Giulio - non lo so io, che riconosco i colpi che vi lavorai su?" "Voi ne gli avete dimenticati - rispose l'amico - che questo è di mano d'Andrea del Sarto e, per segno di ciò, v'è dietro un contrase,gno che fu fatto, perché si scambiavano in Fiorenza quando eglino erano insieme". Volse far rivoltare il quadro Giulio e, cosí visto il contrasegno, si strinse nelle spalle e disse queste parole: "Io non lo tengo da meno, che di man di Raffaello, anzi certo da piú, perch'è cosa fuora di natura, a un che sia eccellente, imitar la maniera d'un altro e farla simile a lui". Basta che si conosce che la virtú di Andrea valse sola et accompagnata, e cosí fu per l'ordine di M Ottaviano satisfatto il duca e non privato Fiorenza d'una opera sí degna, la quale egli tenne molti anni, che gli fu donata dal Duca Alessandro, et egli ne fece dono al Duca Cosimo, dove è ora in guarda roba in palazzo con l'altre pitture famose.
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