Gli fu fatto in Città di Castello allogazione di una tavola, la quale volendo lavorare mentre che s'ingessava, le ruinò un tetto addosso che la infranse tutta.
Vennegli un mal di febbre sí bestiale, che ne fu quasi per morire: per il che di Castello si fé portare al Borgo.
Seguitando quel male con la quartana, si trasferí poi a la Pieve a Santo Stefano a pigliare aria, et ultimamente in Arezzo, dove fu tenuto in casa da Benedetto Spadari.
Stando egli a' suoi servigi operò il mezzo di Gio Antonio Lappoli aretino e di quanti amici e parenti essi avevano, acciò che egli facesse alla Madonna delle Lagrime una volta, allogata già a Niccolò Soggi pittore. E perché tal memoria si lasciasse in quella città, gliele allogarono per prezzo di trecento scudi d'oro. Onde il Rosso cominciò cartoni in una stanza che gli avevano consegnata in un luogo detto Murello, e quivi ne finí quattro. In uno fece i primi parenti legati allo albero del peccato, e la Nostra Donna che cava loro il peccato di bocca, figurato per quel pomo, e sotto i piedi il serpente, e nella aria, volendo figurare ch'era , vestita del sole e de la luna, fece Febo e Diana ignudi.
Nell'altra fece quando l'arca federis è portata da Mosè, figurata per la Nostra Donna che le Virtú la cingono.
In un'altra il trono di Salomone, a cui i voti si porgono, somigliata pur per lei, significando quei che ricorrono a lei per ritrarne aiuto e grazia, con altre bizzarrissime fantasie, che dal pellegrino e bello ingegno di M Giovan Pollastra canonico aretino et amico del Rosso furono trovate.
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