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      E ne dipinsero infinite in questo principio, manco buone dell'altre, per tutta Roma, che non accade qui raccontarle per avere eglino poi in tal cosa operato meglio. Laonde, inanimiti di ciò, cominciarono sí a studiare le cose dell'antichità di Roma, ch'eglino contraffacendo le cose di marmo antiche ne' chiari e scuri loro, non restò vaso, statue, pili, storie né cosa intera o rotta, ch'eglino non disegnassero e di quella non si servissero. E tanto con frequentazione e voglia a tal cosa posero il pensiero, che unitamente presero la maniera antica e tanto l'una simile all'altra, che sí come gl'animi loro erano d'uno istesso volere, cosí le mani ancora esprimevano il medesimo sapere. E benché Maturino non fosse quanto Polidoro aiutato dalla natura, poté tanto l'osservanzia dello stile nella compagnia, che l'uno e l'altro pareva il medesimo, dove poneva ciascuno la mano, di componimenti, d'aria e di maniera. Fecero su la piazza di Capranica per andare in Colonna, una facciata con le Virtú teologiche et un fregio sotto le finestre, con bellissima invenzione, una Roma vestita e per la fede figurata, col calice e con , l'ostia in mano, aver prigione tutte le nazioni del mondo, e concorrere tutti i popoli a portarle i tributi, et i Turchi a l'ultima fine distrutti, saettare l'arca di Macometto, conchiudendosi finalmente col detto della Scrittura, che sarà uno ovile et un pastore. E nel vero eglino d'invenzione non ebbero pari, di che ne fanno fede tutte le cose loro, cariche di abbigliamenti, veste, calzari, strane bizzarrie, e con infinita maraviglia condotte.


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Le vite de' più eccellenti architetti pittori et scultori italiani da Cimabue insino a' tempi nostri.
di Giorgio Vasari
1550 pagine 1014

   





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