Insomma ciò che eglino toccarono, con grazia e bellezza infinita assoluto renderono. E s'io dovessi nominare tutte le opere loro, farei un libro intero de' fatti loro, perché non è stanza, palazzo, giardino, né vigna, dove non siano opere di Polidoro e di Maturino.
Ora, mentre che Roma ridendo s'abbelliva de le fatiche loro et essi aspettavano premio de i proprii sudori, l'invidia e la fortuna mandarono a Roma Borbone, l'anno MDXXVII, che quella città mise a sacco. Laonde fu divisa la compagnia non solo di Polidoro e di Maturino, ma di tante migliaia d'amici e di parenti, ch'a un sol pane tanti anni erano stati in Roma. Perché Maturino si mise in fuga, né molto andò che da i disagi patiti per tal sacco, si stima a Roma ch'e' morisse di peste, e fu sepolto in Santo Eustachio. Polidoro verso Napoli prese il suo camino, e quivi capitando, essendo quei gentili uomini poco curiosi de le cose eccellenti di pittura, fu per morirvisi di fame. Onde egli lavorando a opere per alcuni pittori, fece in Santa Maria della Gra,zia un San Pietro nella maggior cappella; e cosí aiutò in molte cose que' pittori, piú per campare la vita che per altro. Ma pure essendo predicato le virtú sue, fece al conte di *** una volta dipinta a tempera, con alcune facciate, ch'è tenuta cosa bellissima. E cosí fece il cortile di chiaro e scuro al s *** et insieme alcune logge, le quali sono molto piene di ornamento e di bellezza, e ben lavorate. Fece ancora in Santo Angelo, allato alla pescheria di Napoli, una tavolina a olio, nella quale è una Nostra Donna et alcuni ignudi d'anime cruciate, la quale di disegno, piú che di colorito, è tenuta bellissima.
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