Ma pure tanto poté in lui la volontà di rivedere Roma e gli amici, che levò del banco una buona quantità di danari ch'egli aveva, e risoluto al tutto, deliberò partire il giorno seguente.
Aveva Polidoro tenuto molto tempo un garzone di quel paese, il quale portava maggiore amore a' danari di Polidoro che a lui, ma per averli cosí su 'l banco, non poté mai porvi su le mani e con essi partirsi; per il che caduto in pensiero malvagio e crudele, deliberò la notte seguente, mentre che dormiva, con alcuni suoi congiurati amici, dargli la morte e poi partire i danari fra loro. Laonde nel primo sonno che Polidoro dormiva, quegli con una fascia lo strangolarono, e poscia gli diedero alcune ferite, tanto che lo fecero morire. E per mostrare ch'essi non l'avessero fatto, lo portarono su la porta della donna da Polidoro amata, fingendo che o parenti o altri in casa l'avessero ammazzato. Diede dunque il garzone buona parte de' danari a que' ribaldi, che sí brutto eccesso avevano commesso; e quindi li fece partire. La mattina piangendo andò a casa un conte, amico del morto maestro, e tuttavia gridava giustizia. Per che molti dí si cercò tal cosa, né mai nulla ne venne a luce. Ma pure come Dio volle, avendo la natura e la virtú a sdegno d'essere per mano della fortuna percosse, fecero a uno, che , interesso non ci aveva, parlare come impossibile era che altri che tal garzone l'avesse assassinato. Per il che il conte gli fece por le mani addosso, et alla tortura messolo, senza che altro martorio gli dessero, confessò il delitto, e fu dalla giustizia condannato alle forche, ma prima con tanaglie affocate per la strada tormentato et ultimamente squartato.
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