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      Il che per il vero troppo piú spesso avviene che non arebbe bisogno il comodo umano, pervenendo il piú delle volte il benignissimo influsso delle doti eccellenti e rare in persone piú spiritate, che spiritose, le quali fuggono lo esercitarsi; né far lo vogliono se non per punti di luna o per capriccio de' cervelli loro, piú tosto bestiali che umani. E certamente non niego che il lavorare a furore non sia il piú perfetto, ma biasimo bene il non lavorar mai. E per Dio che doverrebbono gli artefici saputi, quando vengono loro i pensieri alti e che non vi si può aggiugnere, cercare di contentarsi di quegli, che il sapere dell'ingegno senza rompere il collo, possedendogli li manifesti nell'opere che fanno. Atteso che infiniti dell'arte nostra, per voler mostrare piú di quel che sanno, smarriscono la prima forma; et alla seconda che cercano arrivare, non aggiungono poi, perché al biasmo piú ch'alla lode si sottopongono, come fece Francesco Parmigiano, del quale appresso porrò la vita. Fu costui dotato dalla natura di sí graziato e leggiadro spirito, che s'egli di continuo non avesse voluto operare piú di quello ch'e' sapeva, averebbe nel continuo far suo tanto avanzato se stesso, che sí come di bella maniera, d'arie, di leggiadria e di grazia passò ognuno, cosí averebbe ancora di perfezzione, di fondamento e di bontà superato ciascuno. Ma il cervello che aveva a continovi ghiribizzi di strane fantasie lo tirava fuor de l'arte, potendo egli guadagnare quello oro ch'egli stesso areb,be voluto, con quello che la natura nel dipignere e 'l suo genio gli avevano insegnato.


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Le vite de' più eccellenti architetti pittori et scultori italiani da Cimabue insino a' tempi nostri.
di Giorgio Vasari
1550 pagine 1014

   





Dio Francesco Parmigiano