Il quale donandolo a Sua Maestà n'ebbe premio onorato; e quel ritratto per un grandissimo favore, fu donato al Signor Duca di Mantova, et ancora oggi si truova nella sua guarda robba. Prese assunto come cervello capriccioso ch'egli era, di fare carte stampate intagliate sul ferro e sul rame con acqua forte, et ancora di chiaro scuro se ne vede di suo in legno molte, come ancora di bulino intagliate per mano del Caralio, dilettandosi egli non meno de 'l disegno, che si facesse del colorito.
Ritornato a Parma vi fece alcune tavole e quadri, poi tolse a fare alla Madonna della Steccata una opera grandissima a fresco, nella quale andavano alcuni rosoni per tramezzi in ornamento, i quali egli si mise a lavorar di rame, e fece in essi grandissime fatiche. E lavorando questa opera fece alcuni profeti e sibille di terretta, e poche cose in essa in colori, nascendo ciò dal non contentarsi. In questo tempo si diede all'alchimia, e pensando , in breve arricchirne, tentava di congelare il mercurio. Perché tenendo egli di molti fornelli e spese, non poteva riscuotere tanto dell'opera, quanto in tal cosa consumava. La qual pazzia fu cagione ch'egli, lasciato per la dilettazione di tal novella la utilità et il nome dell'arte propria, per la finta e vana in malissimo disordine della vita e dell'animo si condusse. Fece in questo mezzo a un gentiluomo parmigiano a punti di luna un Cupido che fabbricava uno arco di legno, la qual pittura fu tenuta bellissima, et alla sorella del Cavallier Baiardo dipinse una ancona che fu molto stimata.
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