Chiamandoli per questo avari, crudeli et inimici delle virtú, e se peggior nome può ritrovarsi, et attribuendo alla loro miseria tutto il danno dello universo. E nientedimanco abbiamo pur veduto ne' tempi nostri che la sola liberalità e magnificenzia di quel famosissimo principe, a chi serviva Sebastiano Veneziano eccellentissimo pittore, remunerandolo troppo altamente, fu cagione che di sollecito et industrioso diventasse infingardo e negligentissimo. E che dove, mentre durò la gara della arte fra lui e Raffaello da Urbino, si affaticò di continuo per non essere tenuto inferiore in quella arte, nella quale cozzava di pari; per lo opposito, fece tutto il contrario poiché egli ebbe da contentarsi, lavorando poi sempre malvolentieri e con una fatica grandissima, anzi per forza, e sviando lo ingegno e la mano da quella sua prima facilità, tanto lodata mentre che e' fece. Per la qual cosa (lasciando ora il parlar de' principi) da questa disparità di vita si conosce il cieco giudizio ch'io ragionava, e comprendesi apertamente che gli ingegni non vorrebbono patire, né ancora d'onori o d'entrate sopra abbondare: se già non fossero in alcuni che piú gli strignesse l'onore dell'opere, che il comodo e gli agi della vita epicurea.
Dicono che Sebastiano in Vinegia nella prima sua giovanezza si dilettò molto de le musiche di varie sorti. Ma perché il liuto può sonar tutte le parti senza compagnia, quello continuò di maniera che insieme con altre buone parti, che aveva, lo fece sempre onorare, e fra i gentiluomini di quella città per virtuoso conoscere.
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